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martedì 28 giugno 2016

Recensione: NELLA GIUNGLA DI PARK AVENUE di Wednesday Martin ed. BOOKME

Carissime lettrici compulsive, buongiorno! "Nella giungla di Park Avenue" di Wednesday Martin  è il libro di cui vi parlo oggi. Questo è il romanzo che ho scelto per partecipare al Domino Letterario del mese di giugno, ricollegandomi al libro scelto dal blog "Il mondo di sopra". 



Autore: Wednesday Martin

Editore: BookMe

Pagine: 285

Prezzo cartaceo: 14,90 EURO 

Prezzo ebook: 7,99 EURO

Genere: Narrativa







Ho iniziato a leggere “Nella giungla di Park Avenue” perché attratta da questa copertina davvero chic, e poi perché, l’autrice, l’americana Wednesday Martin, affrontava il tema della maternità per gli abitanti glamour  dell’Upper East Side, e chi non è incuriosita da quella parte di mondo che è sempre sotto i riflettori?
Wednesday Martin ha scritto un vero e proprio trattato sociologico, e  in “Nella giungla di Park Avenue” vengono, sì, riportate informazioni di tipo socio-antropologico, ma scritte in modo simpatico e assolutamente non pedante.
Wednesday, autrice e protagonista del libro, ci fa un ritratto esilarante, a tratti ironico di una società invidiata, esclusiva, una “piccola” cerchia di cui lei ora fa parte. La protagonista e il marito, quando scoprono di aspettare un figlio, si trasferiscono da Greenwich Village, alla privilegiata Upper East Side, Manhattan. E proprio nella veste di antropologa nell'Upper East Side di Manhattan dove si è trasferita col marito, scopre una nuova tribù: le madri dell'alta società.
Qui, la futura madre, si trova ad affrontare un ambiente chiuso, dove la competizione è all’ordine del giorno.
Approdando nel mondo dell’Upper East Side, Wednesday si accorge che qui le donne fanno parte di una tribù a sé, sono un mondo a parte: stessa divisa, stesse abitudini, stessi posti per le vacanze, e soprattutto una identica condivisione rispetto alle credenze sulla famiglia e sull’essere madri.
Capisce subito, che per entrare in questa esclusiva cerchia deve conformarsi al loro codice, per diventare come loro. Solo così, lei e i suoi figli sarebbero stati accettati.

“L’idillio dell’infanzia spensierata va di pari passo con il benessere della nostra società, così come la convinzione che siano soprattutto le madri a doversi prendere cura dei figli. Da loro dipende la sopravvivenza del bambino nei primi mesi di vita, la sua salute nel corso dell’infanzia, perfino la sua felicità quando diventerà grande. Cambiando il volto dell’infanzia, abbiamo alterato anche quello della maternità.      Questa rivoluzione è tanto più evidente in un luogo come l’Upper East Side. All’interno di una società estremamente competitiva, il successo della prole è uno status symbol. Spianare la strada ai propri figli è una vocazione. Fare la madre è un lavoro a tempo pieno. Impegnativo, logorante e denso di insidie. E la responsabilità dei loro successi e dei loro fallimenti è esclusivamente nostra. Da parte mia, capii ben presto che non ci si poteva sottrarre a questo circolo vizioso.      Ecco perché le mamme portavano appesi al collo deliziosi ciondoli con le iniziali dei figli e anelli con pietre preziose alle dita (uno per ogni erede). Ecco perché rubricavano le altre mamme con il nome dei loro bambini, tanto che nelle agende o sulle mailing list comparivo sotto la sigla di «mamma di Eliot, Wednesday M.». Ci identificavamo con i nostri figli, eravamo completamente fusi.” 

In questa piccola parte di mondo tutto sembra perfetto, curato nei minimi dettagli già dalla nascita, ma ben presto, la nostra protagonista si rende conto che non è tutto oro quello che luccica, anzi. L’autrice nonché protagonista (si, perché questa è l’autobiografia di Wednesday) ci parla delle difficoltà che ha affrontato, delle dinamiche sociali che intercorrono in questa “tribù” esclusiva, focalizzandosi proprio sull'universo femminile.
Wednesday in primis è un antropologa e per cercare di superare le difficoltà decide di usare un approccio “scientifico”, studiando la tribù, per fare in modo di essere accettata.

Non ho mai lasciato Manhattan e non ho dovuto imparare una nuova lingua, ma le esperienze di esasperazione e spaesamento culturale che Malinowski ha descritto nel suo diario mi risultano familiari. Desideravo essere accettata all’interno del mio nuovo campo base. Talvolta l’indifferenza e il disprezzo che coglievo intorno a me mi facevano infuriare. Quando i miei messaggi venivano sistematicamente ignorati, mi sentivo a pezzi. Gli strani riti della tribù mi confondevano, e spesso ho dovuto reprimere l’impulso di mandare al diavolo le altre mamme. Pur sapendo che la loro freddezza non era calcolata, non potevo evitare di infuriarmi. («A volte l’unica cosa che riesco a pensare dei miei informatori è che li sterminerei volentieri» aveva scritto Malinowski in un momento di rabbia).


In questa autobiografia, che personalmente ho trovato veramente interessante, Wednesday ci fa conoscere un aspetto diverso ma, in fin dei conti, comune anche a noi donne, e madri, anche se provenienti da ambienti diversi.  Si, perché anche se provenienti da ambienti differenti, abbiamo tutte le stesse paure e gli stessi “sogni” per i nostri figli.
Questa è una lettura davvero accattivante e interessante che definirei Cultural chic, molto intrigante che vi consiglio di leggere.









Quando Wednesday Martin e suo marito scoprono di aspettare un bambino, dal pittoresco Greenwich Village si trasferiscono nell’esclusiva Upper East Side di Manhattan. Dietro le immacolate facciate dei palazzi, oltre le lobby tirate a lucido e sorvegliate da impeccabili portieri in livrea, la Martin scopre la vera Park Avenue: l’ambiente più ostile e competitivo al mondo, governato da un sistema di regole, rituali, totem e tabù da fare invidia agli aborigeni australiani. Forte del suo background in antropologia, la Martin adotta un punto di vista “scientifico” per studiare la sua nuova tribù e, forse, trovare il mondo di esserne accettata. Dalla decostruzione delle pratiche igienico-estetiche tipiche delle signore locali (note anche come le Geishe di Manhattan), ai sordidi dettagli della inevitabile caccia alla borsa-feticcio di Hermès, il risultato è un ritratto esilarante e scomodo, feroce e illuminante della sottocultura più esclusiva, invidiata e vituperata del pianeta: quella dei Super Ricchi e delle loro ambiziose e ansiosissime consorti.





15 commenti:

  1. Non sono molto per il genere "saggio-autobiografia" ma l'argomento è decisamente interessante!

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  2. Non so se sia il mio genere, però la recensione è molto carina! :)

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  3. La recensione è carinissima! Gli darò una possibilità!

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  4. E pensare che questo me lo stavo perdendo! Recupererò ;)

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  5. Adocchiato da un bel po' di tempo ma non ho mai trovato il tempo per leggerlo, spero di recuperare la lettura al più presto
    Ella

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    1. Ella, questo è un libro che si legge facilmente, non farti ingannare come sono stata ingannata io inizialmente :)

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  6. sembra un libro carino ,bella recensione

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