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giovedì 19 maggio 2016

Intervista: Irene Val "Dopotutto, posso farcela"


Buonasera cari lettori! 
Oggi ho Intervistato per voi un'autrice emergente che vorrei farvi conoscere meglio perchè secondo me è bravissima! Irene Val, con il suo romanzo "Dopotutto, posso farcela" mi ha fatto riflettere tanto sul mondo degli adolescenti e sui loro sentimenti.

1. Cosa rappresenta per te la scrittura?
Una parte fondamentale della mia vita. Sono una nottambula, e la mattina mi costringo ad alzarmi, anche se potrei dormire, perché il pensiero di perdere ore preziose per scrivere mi è insopportabile. Non credo che potrei mai rinunciare a scrivere perché, come ha detto Camilleri, “mi piace raccontarmi storie”, anche se dire che mi piace è un po’ riduttivo. Non posso farne a meno, ecco.

 2. Che tipo di lettrice sei?
Una che non resiste un giorno, a non leggere. Sull’ebook reader, soprattutto, ma anche in cartaceo, leggo ogni momento libero, e di notte. Autori italiani e stranieri, con una predilezione per le autrici, che trovo spesso più profonde e sensibili dei loro colleghi maschi. Adoro Elizabeth Jane Howard, Elizabeth Strout, Elizabeth Von Arnim, Jane Austen, e molte altre che se le mettessi tutte, italiane comprese, finirei domani...

 3. Raccontaci qualcosa del tuo libro.
È un romanzo che racconta un anno di vita di una ragazza, Milena, diciassettenne, alle prese con il liceo classico, la famiglia, gli amici e la storia d’amore che nasce tra lei e Luca, diciottenne. È ambientato nel 1987, quindi non ci sono cellulari nè computer, internet non faceva parte della quotidianità delle persone, e tutto era più lento, rispetto ad oggi, ma i sentimenti non cambiano mai, ed è proprio sui sentimenti che si incentra la storia, non solo quelli che Milena prova nei confronti di Luca, ma anche nei confronti della sua famiglia, di sua sorella, degli amici, e di se stessa. Ai tempi si cresceva meno velocemente di oggi, e lei è ingenua, timida, insicura. Il romanzo racconta il profondo cambiamento che la sua personalità subisce, attraverso i rapporti con gli altri, e soprattutto con Luca, primo grande amore.

4. Come è nata l'idea di questo libro? La trama è stata chiara già dall'inizio o hai costruito la storia pian piano durante la scrittura?
Il libro è fortemente autobiografico, anche se c’è molta invenzione, ovviamente, specie relativamente alla trama. Avevo voglia di tornare indietro nel tempo, a quando io stessa avevo diciassette anni, e gli ambienti, la scuola, la casa, la città di Milena sono la mia scuola, la mia casa, la mia città.. Come me a quell’età, Milena frequenta il liceo classico, fa ginnastica ritmica, adora leggere, è timida e tende “a confondersi coi muri”, almeno fino a quando non conosce Luca e, quasi contemporaneamente, inizia a recitare con alcuni compagni di scuola. Il teatro libera la sua personalità, come è capitato a me, e l’amore l’aiuta a conoscersi meglio, a capire com’è e come vuole diventare.
Quanto alla trama, non ce l’ho mai chiara in testa, quando comincio a scrivere, ho chiari solo i personaggi e gli ambienti, poi vado avanti giorno per giorno, quasi chiedendo suggerimenti ai miei protagonisti, costruendo la storia man mano che la scrivo. Di solito capisco come andrà a finire solo quando sono più o meno a tre quarti della stesura, ed è davvero divertente, per me, non saperlo fino all’ultimo, come poi succede al lettore. Non chiudo mai un capitolo se non è, almeno per me, perfetto, e non taglio nè riscrivo mai niente, a mio rischio e pericolo...

5. Scegli un estratto, particolarmente significativo per te, dal tuo libro e parlacene.
“Chi l’ha detto che i solitari non soffrono la solitudine? Che la cercano, anzi? Stupidaggini. Io ero solitaria perché non riuscivo a riempire la mia solitudine, ad andare oltre un certo limite di chiacchiere, di confidenze, di fiducia, e le altre si tenevano a distanza da me, quando tutto quello che avrei voluto sarebbe stato sentirmi inclusa nel cerchio. Invece l’unico cerchio a cui avevo accesso era quello di legno che dovevo lanciare in aria e riprendere al volo, sperando che non mi cadesse in testa. Sara era come me, ma non per questo eravamo riuscite a diventare amiche, anzi: ce ne stavamo quasi sempre vicine, ma senza parlare, coltivando ciascuna la nostra “solitarietà”, sbirciando le altre che si soffiavano parole l’una nell’orecchio dell’altra, vomitando risate che abbassavano di volume solo quando l’insegnante rivolgeva loro la sua famosa occhiataccia. E allora, che ci tornavo a fare là dentro, visto che pure il secondo anno era andato nello stesso modo, solitudine e senso di esclusione? Forse perché speravo che cambiasse qualcosa, stavolta, o che le altre vedessero in me qualcosa di diverso che le spingesse a farsi avanti, a farmi entrare nel famoso cerchio.
Anche se il cerchio era l’attrezzo che odiavo di più”.
Ho scelto questo brano perché, racchiude, a mio avviso, tutto il senso di estraneità rispetto al mondo e la sensazione di solitudine che spesso vivono gli adolescenti, erroneamente visti come spensierati, sempre felici, pieni di aspettative gioiose verso il futuro. Ma gli adolescenti non sono così, sono impauriti dagli altri, anche dai loro stessi coetanei, sono insicuri, non sanno esprimere bene quello che provano e spesso non lo capiscono neanche, e questo fa di loro degli isolati, monadi che si muovono in una dimensione di cui provano disperatamente a comprendere le regole, spesso senza riuscirci. Vivono una realtà fatta di contraddizioni, e difficilmente vengono aiutati dagli adulti a venir fuori da questa giungla emotiva. L’amore, in questa prospettiva, è il loro rifugio: trovare qualcuno da amare e che li ama li fa finalmente sentire importanti, non un numero in mezzo ad altri numeri, e dà loro quello spazio protetto in cui potersi permettere di sperimentare se stessi e crescere, come succede a Milena e Luca.
 
Grazie per aver accettato di rispondere a queste domande.
Grazie a te, Luana! 

 

Milena, Lena per tutti, ha quasi diciotto anni, ma non si sente per niente giovane. È il 1987, e a Roma ci sono le cabine telefoniche e gli autobus verdi, e c’è anche il suo liceo classico, un bellissimo ex convento atterrato lì da chissà dove, in mezzo ai palazzoni grigi della periferia. È là che un giorno di settembre arriva Luca, dal nord. Nella vita di Lena ci sono già l’amico Andrea, l’ex migliore amica Marta, la sorella Silvia, la ginnastica ritmica, i libri... ma quando in quella vita piccola e stretta entrerà Luca, tutto il resto diventerà uno sfondo. Con lui, Milena diventerà Mile, fino a diventare davvero, e completamente, Milena, anche per gli altri.
Un romanzo di formazione, ambientato in anni in cui computer e cellulari non facevano parte della vita delle persone, quando per sentire la voce del tuo amore dovevi aspettare che ti chiamasse al telefono di casa, rigorosamente in camera dei tuoi genitori. Formazione sentimentale, quando inizi a confrontare ciò che credi di essere con l’immagine che un altro ha di te, fino a capire chi sei e chi vuoi diventare, e formazione personale, quando il futuro indistinto inizia a farsi più chiaro e la tua prospettiva, con un’intensità quasi dolorosa, si allarga.
Peccato che diventare grandi sia sempre così maledettamente difficile, e chiunque abbia detto che la gioventù è un’età d’oro non sa niente della gioventù, o ha dimenticato la sua.



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